La teleriunione di martedì sera, collegati 17 compagni, è iniziata riprendendo il tema dell'intelligenza artificiale alla luce della nostra impostazione metodologica.
Quando affrontiamo dei lavori, che siano sulla guerra, la crisi del capitalismo o lo sviluppo della cosiddetta intelligenza artificiale, procediamo per argomenti concatenati, collocandoli all'interno di un sistema organico. Buona parte delle fonti da cui traiamo informazioni sono aperte (saggi, agenzie di stampa, quotidiani); riguardo i conflitti in corso, ad esempio, leggiamo articoli su siti specializzati. Ma ciò che ci differenzia dalla stampa corrente è la salda base teorica che affonda le radici nel lavoro della Sinistra, e che ci fornisce la chiave di lettura per orientarci nel marasma sociale. Insomma, non partiamo da zero, e non ci aspettiamo grandi novità rispetto al decorso della presente forma sociale: almeno dal Manifesto del 1848 sappiamo come andrà a finire, e difatti nel 1957 la Sinistra scrisse un articolo intitolato "Traiettoria e catastrofe della forma capitalistica nella classica monolitica costruzione teorica del marxismo". Le nostre ricerche non sono motivate da una voglia di conoscere fine a sé stessa, da un desiderio di erudizione, sono volte a "ribattere i chiodi" del programma invariante della rivoluzione ("L'Invarianza storica del marxismo - Falsa risorsa dell'attivismo", 1952).
La teleconferenza di martedì 19 settembre, a cui si sono collegati 17 compagni, è iniziata commentando un articolo dell'Economist, "How artificial intelligence can revolutionise science".
Se in altri articoli il settimanale inglese si è focalizzato sugli scenari distopici a cui potrebbe portare lo sviluppo dell'Intelligenza Artificiale (IA), in questo si concentra sugli aspetti positivi riportando dichiarazioni e analisi di esperti del settore.
Secondo l'Economist, le grandi scoperte tecniche che hanno rivoluzionato la società, dai microscopi ai telescopi, sono state possibili grazie allo sviluppo della scienza; questi strumenti, a loro volta, hanno contribuito al progresso in diverse branche della conoscenza, dalla chimica alla fisica e alla biologia. Lo sviluppo tecnologico è stato accelerato dalla rivoluzione industriale e successivamente, a partire dalla fine del XIX secolo, con la creazione di laboratori di ricerca sono state introdotte altre innovazioni, come i fertilizzanti artificiali e i prodotti farmaceutici. All'inizio del XX secolo viene inventato il transistor, l'elemento costitutivo del computer: il Novecento sarà il secolo della rivoluzione informatica, non è ancora terminata e alle soglie di una nuova forma di intelligenza.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 16 compagni, è cominciata riprendendo quanto scritto nell'ultimo resoconto, ovvero che il conflitto in Ucraina sta dimostrando come la tecnologia stia cambiando il campo di battaglia.
Rispetto agli aspetti messi in luce nell'articolo "La sindrome di Yamamoto", notiamo che oggi molti processi sono ormai manifesti. L'Economist, nell'articolo "A new era of high-tech war has begun", osserva, ad esempio, che la carneficina ucraina contiene tre importanti lezioni per il futuro della guerra:
1) il campo di battaglia sta diventando trasparente e i conflitti futuri dipenderanno dalla capacità di riconoscere il nemico prima che lo faccia quest'ultimo; ciò vuol dire accecare i suoi sensori (siano essi droni o satelliti) e interrompere i canali di invio e ricezione dati, attraverso attacchi informatici, elettronici o di altra natura;
2) la guerra attuale, nonostante faccia largo uso di tecnologie avanzate, coinvolge ancora un'immensa massa di esseri umani e milioni di macchine e munizioni. La Russia, ad esempio, ha sparato 10 milioni di proiettili in un anno e l'Ucraina ha perso 10.000 droni in un mese;
3) il confine tra ambito militare e civile è sempre più sfumato. Anche uno smartphone può trasformarsi in un'arma: tramite un'app, infatti, un civile può segnalare la presenza del nemico e così aiutare a guidare il fuoco dell'artiglieria su un obiettivo. A ciò si aggiunge il complesso industriale bellico, composto da aziende private (vedi Starlink di SpaceX), università e laboratori.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 16 compagni, ha preso le mosse dalla lettura di un passaggio dall'articolo "Nel 1972 è stato previsto il collasso della società nel 2040", pubblicato sul sito italiano della rivista Vice:
"Nel 1972, un gruppo di scienziati del MIT ha studiato i rischi relativi all'eventuale collasso della civiltà. Il loro modello di dinamica dei sistemi, pubblicato dal Club di Roma, ha identificato i 'limiti dello sviluppo' che porterebbero la nostra civiltà industriale sulla strada verso il collasso proprio nel ventunesimo secolo, a causa dello sfruttamento incontrollato delle risorse planetarie".
Il collasso sistemico è in atto e le prove sono sotto gli occhi di tutti. Lo scorso 31 luglio l'Economist ha pubblicato una rassegna di tutte le manifestazioni e i tumulti scoppiati sul pianeta negli ultimi due anni ("The pandemic has exacerbated existing political discontent"). Già prima della pandemia, a partire almeno dal 2011, gli episodi di rivolta si contavano nell'ordine delle migliaia (vedi i nostri articoli "Marasma sociale e guerra" e "Occupy the World togheter"). Secondo l'Institute for Economics and Peace (IEP), un think tank di Sydney, tra il 2011 e il 2019 i grandi movimenti di protesta sono cresciuti di 2,5 volte; nel 2020 i disordini civili sono aumentati del 10% e le manifestazioni generalizzate hanno coinvolto 158 paesi. Le epidemie hanno conseguenze sociali, sottolinea nell'articolo il settimanale inglese citando il FMI: dal momento in cui erompono allo sviluppo di disordini sociali di massa passano solitamente 12-14 mesi. L'ultimo caso in ordine di tempo è quello di Cuba, paese che nel tempo ha sviluppato un'ampia rete di intelligence in grado di schiacciare possibili rivolte e movimenti anti-governativi, ma che ora, in seguito al malessere e al disagio causati dal peggioramento della condizione sanitaria ed economica, si ritrova incapace di arginare quanto accade nella società (l'11 luglio scorso migliaia di persone hanno marciato in più di 50 località al grido di "libertà").
La teleriunione di martedì sera, collegati 15 compagni, si è aperta con la notizia della riduzione della settimana lavorativa in Islanda.
Tutto è cominciato con il programma pilota, iniziato nel 2015 e terminato nel 2019, che ha coinvolto 2500 dipendenti statali islandesi, impiegati in scuole materne, uffici e ospedali. Il test prevedeva che i lavoratori potessero scegliere orari più brevi rispetto alle consuete 40/44 ore settimanali a parità di salario. I risultati dell'esperimento sono stati così incoraggianti, sia in termini di produttività che di calo dei livelli di stress e di maggiore equilibrio tra occupazione e vita privata, che oggi l'86% della forza lavoro del paese è passata alla settimana lavorativa di 4 giorni.
La notizia del "travolgente successo" islandese è rimbalzata su molte testate giornalistiche, ma la piccola repubblica nordica non è certamente sola e tantomeno la prima nella lista dei paesi che hanno intrapreso la via della riduzione della giornata lavorativa. Qualche anno fa era stata la Danimarca a cominciare, stabilendo le 33 ore settimanali, poi la Finlandia aveva annunciato la settimana breve, e poco dopo le aveva fatto eco il sindacato tedesco IG Metall proponendo la riduzione, su richiesta individuale, delle ore di lavoro fino a 28 ore settimanali per un periodo di 24 mesi. Attualmente esperimenti simili a quello condotto in Islanda sono in corso in vari paesi, tra cui Gran Bretagna, Spagna e Nuova Zelanda.
Alla teleconferenza di martedì sera hanno partecipato 15 compagni. La discussione è iniziata prendendo spunto dall'articolo dell'Economist "Broadbandits: The surging cyberthreat from spies and crooks", un'indagine sui recenti attacchi informatici ad aziende, scuole, eserciti e infrastrutture, ad opera di gruppi criminali e altri soggetti non meglio definiti, anche a carattere statale.
Lo scorso maggio un gruppo hacker ha bloccato per cinque giorni l'oleodotto che fornisce quasi la metà del petrolio destinato alla costa orientale degli Stati Uniti; per riprendere l'attività, gli aggressori hanno chiesto alla proprietà, la Colonial Pipeline Company, un riscatto di 4,3 milioni di dollari. Pochi giorni dopo, un altro attacco "ransomware" ha paralizzato la maggior parte degli ospedali dell'Irlanda.
Il rischio informatico è più che quadruplicato dal 2002 e triplicato dal 2013. Gli attacchi si sono estesi globalmente e hanno interessato una gamma sempre più ampia di settori. L'aumento del numero di lavoratori in smart-working durante la pandemia ha fatto lievitare il rischio per la sicurezza delle aziende, che l'anno scorso sono state colpite ad un livello mai visto prima. Di fronte a questo quadro inquietante, le agenzie di intelligence private e statali sono in allarme. Tutti i paesi hanno hub fisici vulnerabili, come oleodotti, centrali elettriche e porti, il cui sabotaggio potrebbe bloccare molte attività economiche. Il settore finanziario è un obiettivo del cosiddetto crimine informatico: come dice The Economist, di questi tempi i rapinatori di banche preferiscono i laptop ai passamontagna. Chi di dovere è preoccupato della possibilità che un attacco hacker provochi il collasso di una banca.
Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 23 compagni, abbiamo commentato la particolare situazione del Regno Unito.
Brexit, pandemia da Covid-19, una peculiare mutazione del virus, e infine il caos conseguente alla chiusura delle frontiere rappresentano, secondo alcuni giornalisti, una "tempesta perfetta" per l'isola. E come se non bastasse, a tutto ciò si aggiunge la possibile secessione della Scozia, contraria all'uscita dai trattati commerciali con l'Unione Europea. In questi ultimi giorni i timori per la diffusione della variante più contagiosa di Coronavirus hanno scatenato la corsa alle scorte alimentari, mentre code chilometriche si sono formate nei principali porti di collegamento con il continente in seguito al blocco da parte del governo francese dell'ingresso ai tir. A Dover sono centinaia i camion incolonnati, in attesa che le trattative in corso risolvano la situazione. Il Regno Unito deve l'85% del Pil al settore dei servizi, la city londinese, da sola, muove centinaia di miliardi di euro al giorno. Ma per le derrate alimentari il paese dipende per il 40% dall'importazione, con punte del 90% per quanto riguarda verdura e frutta. La Francia è tra i partner commerciali più importanti, motivo per cui sono stati stipulati accordi separati.
La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 7 compagni, è cominciata dal tema del "lavoro", o meglio del lavoro alienato che, come dice Marx, fa sì che l'uomo si senta tale solo quando mangia, beve e si accoppia (attività che condivide con le bestie), e si senta bestia quando lavora (attività che gli sarebbe peculiare).
Un compagno ha fatto notare che il "lavoro" è un'attività umana invariante, incessante nei millenni (l'arco millenario che lega l'ancestrale uomo tribale lottatore con le belve al membro della comunità futura) nonostante il variare storico dei paesaggi epigenetici innumerevoli volte rivoluzionati. Perciò possiamo indicare la forma, che esprime il "lavoro" della natura sulla materia sia organica che inorganica, come il movimento in quanto tale.
Ora, il "prodotto" di questo incessante movimento-lavoro della materia per miliardi di anni altro non è che lo stato attuale delle cose. L'uomo è nella fase della sua storia in cui quel primordiale movimento-lavoro ha assunto la modalità capitalistica, alienandosi. Il prossimo balzo evolutivo della specie verso il regno della libertà la emanciperà dal lavoro come cieco movimento della materia sociale. Rovesciata la prassi, per la prima volta l'umanità non sarà solo "cosciente" ma anche "dirigente" il suo proprio lavoro, ossia il suo proprio movimento-lavoro, ad un gradino evolutivo superiore. Scienza dell'uomo e della natura si integreranno e allora non ci sarà che una sola scienza.
La teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 15 compagni, è iniziata dalla segnalazione di un video della Casaleggio Associati intitolato "La Fine del Lavoro come lo Conosciamo". In circa 10 minuti il filmato, pubblicato su YouTube e ripreso dal sito del Sole 24 Ore con il titolo "2054, al lavoro l'1% del tempo: la visione di Casaleggio", ripercorre la storia dell'umanità, dalle popolazioni di cacciatori-raccoglitori alla rivoluzione industriale, per giungere infine agli ultimi decenni in cui il processo evolutivo subisce un'accelerazione vertiginosa. Il video ha un taglio positivista: la storia umana diviene storia del progresso (non delle lotte di classe) nei termini di un miglioramento continuo delle condizioni degli uomini, il quale passa dall'introduzione della scuola dell'obbligo, delle pensioni, del diritto alle ferie e ai giorni festivi, ecc. E dato che le nuove tecnologie aumentano la produttività del lavoro ed eliminano forza-lavoro, il prossimo step di questo processo sarà il reddito di base incondizionato.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 15 compagni, è iniziata parlando dei riscontri positivi avuti recentemente riguardo al lavoro di "n+1". Questo ci ha dato modo di fare il punto su quella che comunemente viene chiamata "propaganda".
Tutti i mezzi di comunicazione sono validi per riverberare il nostro lavoro all'esterno, ma nell'epoca di Internet acquistano una certa importanza siti, blog e, soprattutto, social network. Detto questo, la discriminante non è data dal mezzo di comunicazione, ma dall'atteggiamento che si ha quando lo si adopera: che si intervenga in una radio oppure sul Web, l'importante è non partecipare a parlamentini o dibattiti, tenendo sempre presente che il compito dei comunisti è quello di conservare la linea del futuro della propria classe. Per Engels, come per la nostra corrente, l'opportunismo è il metodo che sacrifica l'avvenire del Partito al successo di un giorno. E come scritto nelle "Considerazioni sull'organica attività del partito..." del 1965, rivendichiamo tutte le forme di attività proprie dei momenti favorevoli nella misura in cui i rapporti reali di forze lo consentono. In quasi tutti gli ambienti politici si pratica il dibattito, perciò siamo stati piacevolmente colpiti dal fatto che alcuni compagni che abbiamo conosciuto recentemente hanno spontaneamente metabolizzato il lavoro della Sinistra Comunista "italiana" (SCi) e di n+1 rendendo possibile una proficua doppia direzione.
La teleconferenza di martedì scorso, a cui si sono connessi 10 compagni, è cominciata prendendo spunto dalla notizia degli scioperi al magazzino Amazon di San Ferdinando a Madrid. Alcune settimane fa i lavoratori spagnoli del gigante dell'e-commerce avevano diramato un appello a tutti i lavoratori di Amazon in Europa per uno sciopero generale europeo; la proposta è stata accolta dai lavoratori tedeschi e polacchi, che in questi giorni, durante il Prime Day 2018 (16-17 luglio) - 36 ore di sconti esclusivi per i clienti Prime dell'azienda -, sono scesi in lotta organizzando blocchi o manifestazioni. Le due giornate di offerte lampo di Amazon si basano sul fatto che decine di migliaia di clienti restino appiccicati ai computer e agli smartphone tenendosi pronti all'acquisto più conveniente. E' proprio vero: stiamo diventando tutti terminali di una grande Rete: chiamiamola "rete neuronale globale" (J. Rifkin) oppure "general intellect" (K. Marx), l'importante è aver chiaro che il cervello sociale non è più una metafora ma è una realtà.
Scioperi sono in corso anche in Iraq, da più di una settimana, e in Cina, dove ad incrociare le braccia sono stati i camionisti. Scrive il Fatto Quotidiano in un articolo del 29/6: "Tutto è cominciato con un appello anonimo online indirizzato 'ai 30 milioni di autisti di tutta la Cina', vessati dal rincaro di carburante e pedaggi autostradali. Da allora, in alcune aree, le rimostranze hanno paralizzato la viabilità, sebbene l'entità reale del movimento – immortalato da video e foto – risulti occultata dal lavoro certosino dei censori del web." E ancora: "In aprile avevano incrociato le braccia gruisti e operai del settore edile: per la prima volta si tratta di mobilitazioni settoriali e organizzate spontaneamente."
Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 14 compagni, abbiamo parlato di informazione e raccolta di dati nella società capitalista, in relazione alla "scandalo" che in questi giorni ha coinvolto uno tra i maggiori social network, Facebook, e la società di analisi e comunicazione strategica Cambridge Analytica.
La vicenda. Nel 2013 il ricercatore inglese Aleksandr Kogan crea un'applicazione per Facebook, il quiz "This is Your Digital Life", tramite cui riesce a raccogliere un'immensa mole di dati riguardanti non solo i circa 300mila utenti che hanno scaricato l'app ma anche i loro contatti sul social network, arrivando a profilare circa 50 milioni di persone. Kogan gioca secondo le regole, perché Facebook permette quel tipo di utilizzo delle informazioni ricavate dalla piattaforma. Le cose cambiano l'anno successivo quando il gigante social pone un limite più rigido all'accesso ai dati da parte di applicazioni sviluppate da terze parti. Nel 2015 Kogan cede l'enorme database a Cambridge Analytica che lo utilizzerebbe per fornire allo staff di Donald Trump una sorta di mappatura dettagliata del territorio nazionale sulle opinioni e le inclinazioni politiche dei cittadini americani durante le ultime elezioni presidenziali. Importanti testate giornalistiche fanno scoppiare lo scandalo mettendo sotto accusa la società inglese di analisi e, soprattutto, la grande macchina di "data mining" mondiale rappresentata da Facebook. I dati raccolti da Kogan e utilizzati da CA per influenzare milioni di cittadini americani sono stati utilizzati impropriamente perchè ottenuti senza il consenso dei legittimi proprietari (solo chi ha scaricato l'app ha dato consapevolmente - almeno in teoria - il proprio beneplacito). In ultima istanza, la responsabilità dell'accaduto è da attribuirsi alla piattaforma di Zuckerberg che ha permesso operazioni di profilazione così profonde, dando prova di inaffidabilità nel garantire la privacy dei propri iscritti.
La teleconferenza di martedì sera, connessi 14 compagni, è iniziata con alcune considerazioni sull'esito delle elezioni politiche in Italia.
Il Movimento 5 Stelle è risultato il partito con il più ampio consenso elettorale, mentre la coalizione di centrodestra ha raccolto, grazie ad una Lega nazionalista che ha fatto da traino, il maggior numero di voti senza però raggiungere la soglia necessaria per formare il governo. Notevole, anche se scontato, il tracollo del PD. La situazione di ingovernabilità che si è determinata dopo il voto, tra l'altro largamente prevista, vede un tripolarismo che complicherà il lavoro del presidente della Repubblica. Nulla di nuovo per il panorama europeo, in cui non mancano i precedenti. Paesi come Belgio, Olanda e Spagna sono rimasti per mesi (il Belgio quasi per due anni) senza governo, e ultimamente la stessa sorte è toccata anche alla Germania, che solo dopo molte settimane di consultazioni è riuscita a dar vita ad un governo di larghe intese (Grosse Koalition).
Il capitalismo perde energia, gli Stati faticano a controllare sé stessi, tramontano le "garanzie" che facevano da collante sociale (welfare, posto di lavoro e pensione) e con esse si dissolvono anche le sovrastrutture politiche come i partiti e i sindacati, sottoposti ad una critica incessante e distruttiva da parte del movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Destra e sinistra sono categorie non più corrispondenti ad un quadro istituzionale che è invece sempre più frammentato e sfumato, e vede aggregazioni governative che si risolvono inevitabilmente in deboli alleanze trasversali, in altri tempi ritenute scandalose. Il dato generale che emerge è quello di un sistema dei partiti che si colloca su di un piano separato rispetto ai "cittadini" che dovrebbe rappresentare.
Durante la teleconferenza di martedì sera, a cui si sono collegati 14 compagni, abbiamo discusso di automazione e disoccupazione tecnologica.
Nell'articolo "La fine del lavoro", pubblicato sul blog di Beppe Grillo, vengono riproposti i temi sviluppati nell'omonimo saggio di J. Rifkin del 1995, con una particolare attenzione alle trasformazioni avviate dalla terza rivoluzione industriale. Se la prima ha visto l'introduzione di macchinari nell'agricoltura e la seconda l'automazione nell'industria, nell'ultima la grande protagonista è la tecnologia dell'informazione. Scrive Grillo: "Il fattore sconvolgente è sicuramente Internet, mai si era visto uno sviluppo così veloce e massivo. Tutto il sistema lavorativo è stato totalmente trasformato e non solo il lavoro, ma anche la nostra vita. Internet è il sistema pervasivo per eccellenza. Questa terza rivoluzione ha ridotto notevolmente la forza lavoro necessaria."
In un altro testo, "Benvenuti nel Futuro al Qubit", il guru genovese descrive le lampanti contraddizioni del nostro tempo, sostenendo che il "benessere moderno è incontrollato e sta creando due enormi piaghe, disoccupazione e disuguaglianza. Questi due mali stanno distruggendo la nostra società nonostante la nostra economia continui a crescere. Siamo tutti più poveri in un mondo più ricco. Questo vuol dire che il benessere continua ad aumentare lì già dove è presente, e il resto della popolazione si inabissa in una povertà senza fine. Non è questo il mondo che vogliamo." Sembra quasi di sentir parlare un attivista di Occupy Wall Street.
La teleconferenza di martedì sera, connessi 15 compagni, si è aperta con un breve accenno a quanto sta accadendo negli Stati Uniti riguardo l'indagine sull'interferenza della Russia nelle scorse elezioni presidenziali. Mentre parlavamo, le agenzie di stampa battevano le prime notizie sull'attentato a New York.
Pur sembrando eventi scollegati, il Russiagate e l'attacco a Manhattan sono entrambi segnali di una stessa difficoltà, e cioè della grande instabilità che stanno attraversando non solo gli USA ma tutti gli stati in generale. In questi giorni è anche la Spagna a far parlare di sé con le vicende legate alla pretesa indipendenza della regione della Catalogna. Sul tema, interessante l'articolo "Catalan independence drive falters as its wealth fails to provide political leverage" che tenta di individuare le basi materiali che hanno portato alla crisi.
Secondo quanto riportato nel testo, una delle maggiori spinte all'indipendentismo viene dalla giovane e rampante imprenditoria catalana, convinta, per la maggior parte, che la regione sia abbastanza forte per potersi reggere autonomamente e per liberarsi dal peso di un'economia nazionale più debole. "La Catalogna produce 314 miliardi di dollari di beni all'anno e la sua economia è la 34a più forte del mondo, davanti a Hong Kong. Il suo GDP è di $35.000, e supera Corea del Sud, Israele e Italia. I separatisti non vedono alcuna ragione per condividere la loro ricchezza con la Spagna" (DEBKAfile). Ma per ora i governanti catalani, volati in Belgio quando l'aria si è fatta un po' più pesante, non hanno ricevuto riconoscimenti ufficiali, e il neo stato, se dovesse nascere, seguirebbe sicuramente la stessa sorte. Gli unici ad aver teso una mano agli esuli belgi sono stati i nazionalisti fiamminghi, che non possono però offrir loro alcun sostegno formale. L'indipendenza della Catalogna è lontana, almeno dal punto di vista della praticabilità.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 12 compagni, è iniziata commentando la lectio magistralis del prof. Antonio Casilli su "Intelligenze artificiali e digital labour" tenuta durante le Giornate del Lavoro organizzate dalla CGIL a Lecce.
Nel mondo sono circa 100 milioni i micro-lavoratori impiegati nell'inserimento di dati in piattaforme digitali e questo dimostra, secondo Casilli, che la crescita e il potenziamento dell'intelligenza artificiale sono possibili solo grazie all'erogazione di lavoro umano mal pagato, senza alcun contratto e senza inquadramento sindacale. A parte le conclusioni (lotta per diritti, per le garanzie, ecc.), la lectio offre una panoramica interessante sulle piattaforme di crowdsourcing e sulle modalità di impiego dei lavoratori.
Siri, l'assistente digitale sviluppato dalla Apple, cresce e "apprende" grazie ai milioni di dati raccolti dagli umani. Lo stesso avviene per Cortana e Alexa, i software di assistenza e riconoscimento vocale messi a punto rispettivamente da Microsoft e Amazon. Facebook a sua volta ha creato M, un assistente virtuale che impara attraverso le informazioni ricavate dalle conversazioni di quel miliardo di utenti che utilizza quotidianamente il social network. Insomma, navigando nella Rete produciamo ricchezza per altri.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 12 compagni, è iniziata prendendo spunto dalla notizia dell'approvazione del referendum sui voucher per il prossimo 28 maggio.
Mentre la Cgil perde tempo con la campagna "Libera il lavoro con 2 sì", migliaia di lavoratori vivono in condizioni di estrema precarietà dibattendosi tra stage e corsi di formazione non retribuiti; di certo non sarà certo l'esito di una consultazione a cambiare le loro condizioni di vita. Istituzionalizzandosi, prendendo contributi dallo Stato, vendendo servizi, i sindacati hanno rinunciato alla lotta di classe e contano sempre meno. Non mancano comunque esperimenti di autorganizzazione nel mondo del lavoro, pensiamo ad esempio agli scioperi dei fattorini di Foodora e Deliveroo. Nell'epoca delle reti e dei computer tascabili si può rispondere all'iper-sfruttamento utilizzando "le stesse armi tecnologiche dei giganti del web", scrive pagina 99 nell'articolo App contro app, così i precari sfidano i padroni della gig-economy.
Il robot Pippo e l'altra Italia di Roberto Napoletano, 26 novembre 2015
"Per raccontarvi il sogno italiano di Pippo ci siamo affidati al nostro Piero Angela, che è Luca De Biase, e a un team straordinario qual è quello di Nòva24, e vi vogliamo guidare da oggi per quindici giovedì consecutivi in un viaggio nel futuro che è già dentro le vostre case e i vostri pensieri, al lavoro e in famiglia, ma senza che ce ne rendiamo fino in fondo conto e, soprattutto, senza percepire quanto potrà ancora di più incidere questo pezzo di futuro, con le sue invenzioni e le sue macchine più o meno intelligenti, nella nostra vita quotidiana."
L'opuscolo della serie Lezioni di futuro dedicato alla moneta virtuale si apre con un'interessante premessa: le ricerche etnografiche lasciano presumere che la scrittura potrebbe essere nata 5000 anni fa in Mesopotamia per tenere traccia degli scambi delle merci e cioè per rispondere alla necessità di registrare e verificare i primi rapporti economici tra esseri umani.
Nel n°27 della rivista, sulla prima grande transizione dalle società comunistiche originarie alle società di classe, abbiamo descritto le prime attestazioni di "gestione amministrativa" centralizzata che compaiono nella cosiddetta Mezzaluna fertile nel settimo-sesto Millennio a.C.: in quel periodo nascono un po' ovunque nell'area sistemi di controllo attraverso cui i magazzini centrali registrano le derrate in entrata, le suddividono secondo criteri dati, contrassegnano i lotti così ottenuti e infine distribuiscono i beni secondo liste convenute. Tutti i movimenti materiali di quantità perfettamente conosciute sono contabilizzati secondo un sistema di cretule (impasti di argilla fresca su cui veniva impresso un segno di riconoscimento). In qualche modo la società comunistica ha bisogno di conoscere sé stessa ed escogita il metodo adatto realizzando lo strumento che le è utile per risolvere un problema contingente, inventando come risultato finale la scrittura, la matematica e l'economia.
Questa premessa è importante perché ci dà la chiave per comprendere la portata dirompente non tanto dei bitcoin o più in generale delle monete peer-to-peer ma della tecnologia che ne sta alla base: la blockchain.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 13 compagni, è iniziata dal commento dell'editoriale dell'ultimo numero dell'Economist (Out of ammo?).
L'articolo è paradigmatico di una corrente del liberismo di tipo smithiano. Carico di ottimismo verso la mano invisibile del mercato, sempre capace di aggiustare i problemi del capitalismo, nel testo l'Economist propone una nuova deregulation, dimenticando che i guai dell’attuale sistema economico sono dovuti proprio alle teorie della scuola dei Chicago Boys, e che, tra l'altro, una deregulation c’è già stata.
Le munizioni sono terminate, il capitalismo è obsoleto, rianimare ciò che è già morto non è possibile. Almeno dal 1975 assistiamo a fenomeni economici irreversibili che sono conferma di una crisi storica del modo di produzione. Crisi di cui una corrente ben precisa a suo tempo aveva preso atto. Ci riferiamo al lavoro della Sinistra Comunista sul corso del capitalismo, sulla traiettoria e la catastrofe della fetente civiltà borghese.
Durante la teleconferenza di martedì, presenti 18 compagni, si è discusso di guerra e marasma sociale in corso.
Secondo alcune stime, l'ultimo trimestre economico avrebbe registrato una forte contrazione della crescita a livello europeo. Nonostante la guerra, che storicamente serviva anche a rilanciare l'industria, l'apparato produttivo non trova sfogo. D'altro canto, non si può spremere di più un proletariato... che non lavora. Se è vero che sale il numero dei proletari in Cina e India, è altrettanto vero che in Europa aumenta quello dei senza lavoro. E siccome non si può estrarre da un solo operaio lo stesso plusvalore che si può cavare da 10, i consumi ristagnano e le conseguenze si ripercuotono sulle economie dei "paesi emergenti". Disoccupazione, marasma sociale e guerra: questo è il presente capitalistico.
Dal punto di vista delle dottrine e dei metodi ogni nuova guerra incomincia là dove è finita quella precedente. Dov'è finita la guerra mondiale precedente? Con le partigianerie (Achtung! Banditen, cioè "terroristi"), con la teoria della "guerra limitata", o blitzkrieg, o guerra di movimento (Tukhacevskij, Fuller, Guderian, Liddel Hart) e con le operazioni di commando, cioè terrorismo istituzionalizzato (il bombardamento a tappeto sulle città e l'arma atomica rappresentano l'estremo limite del terrorismo). Nasce il "soldato politico" (teorizzato dalle SS, ma incarnato in tutti gli eserciti della II GM, oggi esportatore di democrazia nella "Guerra infinita").
La teleconferenza di martedì sera, presenti 16 compagni, è iniziata con il commento di un articolo del Sole24Ore sugli scambi interbancari.
Nei giorni scorsi l'Euribor, il tasso di riferimento per le transazioni finanziarie in euro, ha registrato un valore negativo scendendo sotto lo zero. Anche se per il momento i possessori di mutui a tasso variabile non vedranno diminuire le rate, il dato è interessante perché spia dei primi effetti della manovra della BCE: l'immissione massiccia di liquidità ha prodotto da un lato il lieve rialzo dell'inflazione e dall'altro la diminuzione dei tassi di interesse. Da alcuni spacciato come fattore di risveglio dell'economia, questo tipo di andamento in realtà non può che ripercuotersi, a breve termine, sugli istituti bancari, e nel lungo periodo sull'intero sistema economico. Insomma, altro che ripresa. La situazione ricorda piuttosto quanto visto più di 20 anni fa in Giappone.
In Italia ha fatto discutere la proposta di Tito Boeri, il presidente dell'Inps, di garantire un reddito minimo ai disoccupati over 55 e ai pensionati. Il ministro Poletti ha dichiarato che bisogna guardare "prima a quelli che hanno perso il lavoro" e poi "si può allargare la platea"; Confindustria si è detta invece favorevole. Il tema rimane caldo, anche in vista della marcia Perugia-Assisi che il Movimento 5 Stelle sta organizzando, sullo stile della Marchas della Dignidad promossa dagli Indignados spagnoli, per chiedere il reddito di cittadinanza. Da più parti nella società si levano voci per un salario minimo garantito; tutti sono d'accordo sul fatto che i senza riserve spenderebbero l'eventuale sussidio in beni di prima necessità riattivando così i consumi. Un ragionamento keynesiano puro: aumentare la "propensione marginale al consumo" aumentando i redditi più bassi.
La teleconferenza di martedì, a cui si sono connessi 16 compagni, è iniziata commentando le ultime notizie relative al rallentamento dell'economia cinese che registra il peggior dato degli ultimi 24 anni. In Cina, come dappertutto, le politiche varate per stimolare i consumi non hanno portato a risultati degni di nota.
In questi giorni Draghi ha finalmente svelato come intende muoversi per combattere la deflazione: acquisti di titoli pubblici almeno fino a quando l'inflazione sarà tornata ad un livello accettabile, vicino al due per cento. La Germania è dubbiosa perché dovrebbe contribuire a comprare debito pubblico di portoghesi, greci, italiani, ecc. Allo stesso tempo però, si rende ben conto che serve un "sostegno per la ripresa". C'è una sfasatura temporale tra la realtà della deflazione e gli effetti dei possibili rimedi messi in campo: se aumenta la deflazione i governi saranno costretti ad abbassare i salari, perché in una situazione in cui i prezzi diminuiscono gli stipendi non possono restare alti. Siccome senza far nulla la situazione peggiorerà, il processo deflattivo, da effetto del crollo dei consumi, diventerà un fattore ulteriore di peggioramento della crisi. La tanto decantata ripresa degli Stati Uniti è assolutamente fittizia, viene fatto passare per valore aggiunto il valore rastrellato all'estero.
La teleconferenza di martedì, connessi 14 compagni, è iniziata prendendo spunto dall'articolo Come le reti rivoluzionano il pensiero scientifico (e forse quello umano), tradotto e pubblicato su Le Scienze.
Partendo da esempi storici di cambio di paradigma nel pensiero scientifico (Copernico, Darwin), i ricercatori John Edward Terrell, Termeh Shafie e Mark Golitko dimostrano come la diffusione delle reti in ogni campo metta fortemente in discussione il modo in cui vediamo il mondo e il nostro posto in esso:
"In contrasto con quanto sostenuto dall'Illuminismo in poi, cioè che saremmo creature intrinsecamente egocentriche, la ricerca contemporanea in sociologia, psicologia, neuroscienze e antropologia sta dimostrando che il nostro mondo non gira intorno a noi in quanto individui. Piuttosto, ciò che noi siamo come individui dipende in modo cruciale da come siamo legati agli altri, socialmente ed emotivamente, in reti di relazioni che si estendono in lungo e in largo".
La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 12 compagni, è cominciata prendendo spunto da un articolo sul Medio Oriente (The Engineered Destruction and Political Fragmentation of Iraq. Towards the Creation of a US Sponsored Islamist Caliphate) del complottista Michel Choussoudousky, per il quale tutto avviene "per colpa di qualcuno" intento a tramare contro la felicità dei popoli. Ora, è ovvio che gli Stati imperialisti hanno una loro volontà e la applicano nei modi che sono ben noti, ma di qui a governare il mondo per mezzo di un disordine voluto, pianificato e controllato, ne corre. Altrimenti bisognerebbe spiegare come mai, per decenni, fino al Crollo del Muro di Berlino, è stato utile un "ordine mondiale" con schieramenti polarizzati che nessuno aveva nemmeno sognato, figuriamoci progettato. In realtà i complottatori possono soltanto assecondare ciò che esiste, la capacità di un rovesciamento della prassi è attribuibile soltanto a movimenti rivoluzionari in periodi rivoluzionari.
Choussoudousky solitamente usa maggior cautela nel trattare presunti complotti e dietrologie. Questa volta invece scivola pesantemente quando sostiene che l'Isis è stato progettato a tavolino dalla Cia.
La teleconferenza di martedì sera, presenti 15 compagni, è iniziata commentando l'articolo di Lucio Caracciolo La spirale infinita nel caos mediorientale. Attraverso l'analisi di quanto sta accadendo in Palestina, il giornalista mette in luce come "lo scontro odierno tra Israele e Hamas è diverso da quelli precedenti, anche perché è cambiato il quadro regionale: il Medio Oriente si sta disintegrando."
Dopo le primavere arabe, con il marasma in Libia, l'Egitto in bilico, e una guerra endemica che dalla Siria si estende verso l'area mediorientale, la situazione a Gaza potrebbe sfuggire di mano. I capi laici palestinesi, spodestati dagli jihadisti, non controllano più nulla, mentre Hamas svolge oramai una funzione puramente di facciata. In questo contesto tribolato, una forza politica in grado di assumere decisioni e di assistere la popolazione nelle necessità minime (cibo, sanità, ecc.), potrebbe prendere il sopravvento. Per adesso gli unici che sembrano in grado di intervenire sono gli jihadisti.
Alcune fonti di intelligence ipotizzano un attacco dei fondamentalisti al vero fulcro dinamico dell'area: la Giordania, un paese debole retto da una monarchia che si fonda sulla forza bruta, potrebbe essere il primo tassello del califfato in espansione. A conferma di ciò, l'agenzia israeliana Debkafile riferisce che, a fine giugno, l'aviazione giordana ha attaccato truppe jihadiste provenienti dall'Iraq e l'Arabia Saudita ha mobilitato l'esercito. In Iraq, milizie nazionaliste sciite e sunnite continuano a combattere contro l'Isis. In un arco geografico che va dalla Mauritania all'Afghanistan, gli stati sono quasi del tutto scomparsi, e anche in paesi relativamente stabili, come il Marocco e l'Algeria, la "pace sociale" non sembra poter reggere a lungo. Israele deve fare i conti con questa situazione, ma pare non abbia le idee molte chiare sul da farsi. Dal canto loro, francesi e americani intervengono tutelando interessi immediati, col solo effetto, molto spesso, di aumentare il caos sociale. Di sicuro i maggiori paesi imperialistici dovranno far ricorso a tutta la loro forza per distruggere la minaccia fondamentalista.
Anche a occidente le cose non vanno meglio: la crescente automazione nell'industria elimina lavoro umano, la produzione leggera soppianta quella pesante, i rapporti capitalistici vengono messi in discussione da più parti.
La teleconferenza di martedì sera, a cui hanno partecipato 15 compagni, è iniziata dal commento all'articolo di Jeremy Rifkin pubblicato sul blog dell'Huffington Post il 7 aprile scorso, e intitolato The Internet of Things: Monopoly Capitalism vs. Collaborative Commons.
Le innovazioni tecnologiche introdotte nell'ultimo quarto di secolo hanno avuto effetti estremamente dirompenti nella società. Del passaggio dalla società del possesso a quella dell'accesso, e di altri temi cari a Rifkin, abbiamo parlato diffusamente qualche settimana fa in occasione della lettura di un altro suo articolo. In questo testo, un estratto da The Zero Marginal Cost Society: The Internet of Things, the Collaborative Commons, and the Eclipse of Capitalism, ultima fatica dello scrittore americano, viene analizzato un nuovo potente elemento di trasformazione della società: The Internet of Things (IoT), una sorta di rete neuronale globale che, attraverso i miliardi di sensori collegati alle strutture produttive e logistiche, è in grado di raccogliere enormi quantità di informazione (Big Data) dalla società, connettendo tutto e tutti, dalle grandi aziende capitalistiche ai prosumers, quei produttori/consumatori che condividono nei vari network i prodotti e i risultati delle loro esperienze. Lo sviluppo di questa nuova piattaforma tecnologica è talmente potente che ha posto le basi per la nascita di un'economia ibriba, da una parte capitalista e dall'altra fondata sui Collaborative Commons. E' proprio su questo terreno che Rifkin individua il grande conflitto del futuro, e cioè la battaglia per assumere il controllo di questa enorme infrastruttura globale.
La teleconferenza di martedì sera è iniziata prendendo spunto dall'articolo de La Stampa "Ipocrita e marxista", l'America dei Tea Party contro Francesco. L'ultima esortazione papale, l'Evangelii gaudium, ha fatto venire il mal di pancia a molti negli ambienti della destra americana, tanto che alcuni dei finanziatori del Vaticano hanno minacciato la riduzione delle sovvenzioni. Nel documento pontificio si affrontano, tra i vari temi, l'ineguaglianza sociale e la polarizzazione della ricchezza, e viene data una valutazione negativa dell'attuale sistema economico basato sul primato del denaro. In particolare nel secondo capitolo si indica la finanza come colpevole di aver fatto dimenticare all'umanità la centralità dell'uomo, ridotto invece a mero consumista:
Le notizie provenienti dal sud-est asiatico hanno aperto la teleconferenza di martedì sera, a cui si sono connessi 18 compagni. Dopo le recenti proteste in Bangladesh, ora è la Cambogia a farsi sentire. I lavoratori dell'industria tessile, il maggior settore produttivo del paese che occupa circa 500.000 operai, hanno richiesto un aumento del salario a 160 dollari rispetto agli attuali 80. A nulla è valsa la proposta del governo di una paga mensile di 100. Le proteste e gli scontri continuano da giorni e sono già quattro i morti tra le fila operaie a seguito delle sparatorie da parte della polizia.
Le lotte in corso in Asia hanno molti punti in comune con quelle che ultimamente si sono sviluppate negli Stati Uniti. Ad esempio con quella dei Fast Food dove, come per i tessili cambogiani, si richiede il raddoppio del salario e il compromesso proposto dalle controparti è stato rifiutato.
La teleriunione di martedì sera, connessi 16 compagni, è iniziata dal commento di un articolo del Corriere, secondo cui varie imprese e uomini d'affari cercano, dietro pagamento, di influenzare le voci di Wikipedia. In realtà questo fenomeno non è nuovo, e il fatto che qualcuno venga pagato per lavorare all'enciclopedia "on line" non rappresenta di per sé un problema, perché se vengono osservate le regole della community e viene seguito il codice redazionale, Wikipedia continua a svilupparsi. Ma non solo: essendo una struttura che si autoprotegge, è in grado di ripararsi da sé. Per far fronte al fenomeno del "sockpuppetry", e cioè la pubblicazione di testi per favorire questo o quell'altro committente oppure per colpire qualche soggetto in particolare, la comunità si è data nuovi meccanismi di intervento e una maggiore rigidità nella compilazione delle voci; di conseguenza qualche nuovo iscritto è incappato in questa "autodifesa" e si è visto cancellare le modifiche apportate.
La teleriunione di martedì sera, connessi 17 compagni, è iniziata con una relazione sulla manifestazione del 19 ottobre a Roma, pubblicizzata con lo slogan "Una sola grande opera: casa e reddito per tutti". La capillare organizzazione poliziesca e l'azione preventiva svolta nei giorni precedenti sono il primo elemento su cui riflettere: già due giorni prima le auto parcheggiate nelle strade che sarebbero state percorse dal corteo sono state rimosse, i tombini sigillati e i cestini dei rifiuti chiusi. Il giorno della manifestazione, la polizia, presente in modo massiccio sia in divisa che in borghese, ha perquisito i pullman dei manifestanti in arrivo dalle altre città. La paura di eventuali danni ha portato alla chiusura di tutti i negozi per diversi chilometri intorno al perimetro del corteo. La manifestazione è stata aperta dal nutrito spezzone degli occupanti delle case, pieno di immigrati, bambini e famiglie. I No Tav, presenti con una delegazione di una cinquantina di militanti, hanno sfilato insieme ai No Muos siciliani. C'era anche lo striscione della logistica con una delegazione di facchini da Bologna e una ventina di lavoratori di Roma.
Gli appuntamenti di piazza previsti per i prossimi giorni sono stati il tema d'apertura della teleriunione di martedì sera, a cui si sono collegati 17 compagni.
Si partirà il 18 ottobre con lo sciopero nazionale proclamato dai sindacati di base: la protesta coinvolgerà il settore pubblico e privato e prevede una manifestazione a Roma "contro ogni forma di precarietà". Seguirà la giornata di lotta #19O contro l'austerità, data organizzata da movimenti, comitati e centri sociali sempre a Roma, dove si attendono migliaia di persone per dare "l'assedio ai palazzi del potere". Gli organizzatori dell'evento hanno intenzione di piantare le tende sullo stile delle acampadas spagnole e hanno lanciato lo slogan Yes we camp! Da giorni i social network riverberano la notizia e in particolare su Twitter sono stati creati dei canali dedicati, tramite cui si può partecipare in prima persona alla produzione e alla circolazione delle informazioni.
La teleriunione di martedì sera, a cui hanno partecipato 10 compagni, è iniziata con il commento di Quello che vuole la tecnologia, il nuovo libro di Kevin Kelly, ed in particolare del capitolo sul mutualismo. Nel testo l'autore afferma che buona parte delle specie dipende da altre specie per poter vivere; sulla Terra si verificano estesi fenomeni di parassitismo e più in generale di vita condivisa, tra cui, per citarne uno, la simbiosi: ne è esempio famoso quello del connubio tra alga e fungo da cui nasce il lichene.
La co-evoluzione si può spiegare così: 1) ogni forma di vita dipende da altre forme di vita; 2) via via che la natura evolve diventiamo sempre più dipendenti da altre specie; 3) via via che la vita evolve aumenta il grado di complessità degli aggregati sociali.
L'evoluzione biologica risponde a leggi fisiche e quindi è determinata, proprio come lo sviluppo della tecnologia intesa come estensione del corpo sociale. La specie umana ha sviluppato un'enorme capacità di socializzazione con relativa capacità di rovesciare la prassi e di progettare il futuro. La nostra vita è interessata da tutti e tre i livelli sopra elencati, la simbiosi che ne deriva ha dato vita ad un vero e proprio cervello sociale, il "technium", che rappresenta l'integrazione tra il regno del "nato" e quello del "prodotto".
Alla teleriunione di martedì sera, presenti 10 compagni, è stato commentato l'articolo Peer to Peer Production as the Alternative to Capitalism: A New Communist Horizon (Peer to peer come alternativa al capitalismo: un nuovo orizzonte comunista) di Jakob Rigi, un lavoro a suo modo in sintonia con il "movimento reale che abolisce lo stato di cose presente". La nostra corrente aveva a disposizione meno materiale anti-formista, mentre oggi le anticipazioni teoriche e pratiche della società futura sono una realtà a portata di mano. Nell'articolo si sostiene che la produzione peer to peer, nata e cresciuta nel capitalismo, inizia ad avere caratteristiche che si scontrano con il capitalismo stesso.
Partendo dall'analisi delle rivolte globali, dall'Egitto agli Usa, viene fatto un parallelo tra le aspirazioni dei dimostranti e le nuove forme e modi di produzione che si stanno imponendo in ambito informatico. Oggi tutta la tecnologia segue a ruota l'informatica. All'interno di questo settore c'è una forza che spinge verso una direzione comunista, questa forza cui non si può sfuggire può essere pensata in termini di inevitabilità strutturale dell'evoluzione bio-tecnologica. La Free Software Foundation e Linux vengono considerati come esempi di produzione collettiva che fa volentieri a meno del denaro e punta tutto sulla gratuità. Il copyleft è fattore e prodotto dello sviluppo di programmi che bypassano i vincoli dettati dalla legge del valore:
Pongo prima di tutto una domanda su come si possa dimostrare la sostanziale uniformità tra natura e società: esistono, come in fisica, delle vere e proprie leggi che permettono l’analisi e, soprattutto, la previsione dei fenomeni sociali? È chiaro che la risposta è sì, ma in che modo questo avviene? Come metafora? Come analogia? Come vera e propria identità? Come interviene il fenomeno "mente" in questo schema deterministico? Non crea alcun problema alla "ferrea legge"?
Dal punto di vista materialista, è chiaro che la mente è un prodotto del corpo, o meglio dell’interazione che la specie ha avuto tra i suoi elementi agenti in un ambiente dato, ma mi domando, anche in relazione alla questione del "rovesciamento della prassi", se essa non permetta appunto una sorta di fuga dalle leggi di natura. Altra suggestione che mi è venuta è che queste leggi valgano fin tanto che il rovesciamento non è avvenuto, e fin tanto che non è avvenuto, il sentimento che il determinismo naturalista risulti insufficiente per le faccende umane potrebbe essere riflesso della mancanza, per ora, di questo rovesciamento. Per così dire, gli avversari del determinismo avrebbero ragione se parlassero delle potenzialità umane latenti, ma hanno assolutamente torto nel momento in cui, ed è questo quel che fanno, parlano della società presente, determinatissima dalle leggi del capitale, sproloquiando su libertà individuali assolutamente immaginarie.
Alla teleconferenza di martedì sera hanno partecipato 9 compagni.
In relazione al lavoro sulla sessualità, abbiamo letto e commentato alcuni passi dei Manoscritti economico-filosofici del 1844 ed in particolare i primi quattro capitoli. In questo testo Marx parte dalle categorie dell'economia politica per accettarne la base reale di spietata analisi del meccanismo economico borghese e svelarne la mistificazione ideologica di considerare "naturale" il suo funzionamento. I primi quattro capitoli sono: salario, profitto, rendita fondiaria (classiche categorie dell'economia borghese) e lavoro estraniato, partendo dal quale si fa un salto teorico uscendo fuori dalle categorie borghesi. Il giovane Marx nota la forza e la capacità della borghesia, ancora rivoluzionaria, nell'analizzare la prassi economica del capitalismo in tutta la sua miseria. Ma l'economia politica parte dalla proprietà privata, identificata come un dato naturale dal quale non si può uscire, e non può far altro che eternizzare la miseria materiale e spirituale. Al contrario nei Manoscritti si afferma che tale posizione è una mistificazione perché anche la proprietà privata è un fatto sociale, non naturale, e bisogna vedere come essa si sia generata ed imposta. Il pensiero economico borghese fa partire dunque l'analisi della prassi economica dalla proprietà privata per arrivare al lavoro salariato, mentre è esattamente il contrario il percorso da intraprendere.
Alla teleconferenza di martedì sera hanno partecipato 12 compagni.
Abbiamo iniziato commentando "The Venus Project": presentato con un filmato su YouTube (Paradise or Oblivion) dal fondatore Jacque Fresco, il progetto descrive una società futura cibernetica, completamente razionalizzata, basata sulla soddisfazione dei bisogni umani e ambientali senza il vincolo del denaro e dello scambio. Quel che risulta interessante – come ci scrive un corrispondente – è che, nonostante qualche parola ingenua di troppo, questo progetto è impregnato di comunismo assai più di quanto il suo fondatore non sia disposto ad ammettere.
Alla teleconferenza di martedì sera hanno partecipato 10 compagni.
La discussione è cominciata dall'analisi della disastrata situazione finanziaria di Cipro e delle manovre politico-economiche messe in moto per trovare una qualche soluzione. Le ultime news parlano di una tassa sui capitali oltre i 100 mila euro pari al 30% o perfino al 40%. Si tratta di un vero esproprio ai danni dei correntisti delle due principali banche cipriote, un brutto colpo per i miliardari russi che per anni si sono avvantaggiati dei regimi fiscali dell'isola. Al solito gli esperti lanciano folli dichiarazioni sulla santità del mercato, ma in realtà si varano pesantissimi e contraddittori interventi dello Stato per non lasciar affondare l'economia. Sebbene queste misure non risolvano la situazione generale, nell'immediato possono risultare efficaci per tranquillizzare la cosiddetta Troika. A Cipro ci sono 25 miliardi di dollari russi, ma la paura potrebbe far spostare i soldi dai conti correnti ai buoni del tesoro. E la preoccupazione di contagio è fondata: trapelano già notizie che indicano la Slovenia come prossima interessata (dove buona parte dei depositi proviene dal nord-est italiano), si vocifera del Lussemburgo e anche dell'Italia.
Sul sito Chicago86 è stato recentemente pubblicato un articolo sulla "global call" indetta dal collettivo VIA22, gruppo nato in Canada la scorsa primavera in seguito all'imponente ondata di manifestazioni studentesche e non. Attraverso il software VOIP Mumble (che sembra possa reggere la partecipazione di oltre un centinaio di utenti), gli attivisti si ritrovano on line ogni 22 del mese per discutere del "movimento" globale e delle iniziative in corso o future con l'intento di dar vita ad una rete globale di solidarietà. Lo scorso 22 gennaio alcuni compagni hanno partecipato all'assemblea virtuale a cui erano presenti una decina di attivisti provenienti da Canada, Spagna (Indignados), Usa (Occupy) e Messico (YoSoy132). I temi su cui si è sviluppato il confronto sono stati l'Earth Day organizzato per il prossimo 22 Aprile, il World Social Forum 2013 che si terrà in Tunisia, il movimento Occupy di Kalamazoo in Michigan, la necessità di centralizzare le piattaforme di movimento per la diffusione delle notizie in streaming durante le azioni globali. La discussione online si è svolta anche con l'ausilio di una chat presente nel software Voip e con l'appoggio ad un sito esterno per la compilazione in tempo reale del verbale dell'assemblea: attraverso PiratePad, un servizio simile a GoogleDocs, tutti i partecipanti hanno potuto assistere e contribuire alla stesura del resoconto "just in time". I compagni connessi, a cui è stata chiesta una breve presentazione, hanno spiegato il progetto di Chicago86 e inviato tramite chat il "chi siamo" presente sul sito in più lingue e il documento "Global Spring". Prima di questa assemblea c'erano stati degli scambi di e-mail con alcuni attivisti della piattaforma InterOccupy.
Nel testo Capitale fittizio e critica del capitalismo lo studioso americano L. Goldner afferma che l'accumulazione del capitale non può durare in eterno e che il capitalismo ha una freccia nel tempo con un inizio e una fine: "La chiave per capire l'intero periodo che va dalla fine degli anni 60/primi anni 70 fino ad oggi è il capitale fittizio".
Le critiche rivolte a Marx sugli schemi dell'accumulazione iniziano con l'uscita del III volume del Capitale e proseguono con dibattiti portati avanti per oltre un secolo su tesi di dettaglio. Marx tratta il capitale fittizio come una categoria che in realtà non esiste: se un capitalista (vedi Proprietà e Capitale) ha una rendita di cinque sterline ed un interesse del 5%, è come se avesse da qualche parte un capitale di cento sterline.
Editoriale: Non potete fermarvi
Articoli: Evoluzione extra biologica - Transizione di fase. Prove generali di guerra
Rassegna: Presa d'atto - Il capitalismo è morto
Recensione: Dallo sciopero, alla rivolta, alla Comune - Guerra civile negli USA, ma non quella vera
Doppia direzione: Il programma immediato non ammette mediazioni
Libertà
Viviamo in una società che scoppia. I suoi membri, divisi o raggruppati secondo criteri il più delle volte arbitrari e casuali, non riescono più a darsi un'identità plausibile. La pandemia, invece di compattare gli individui intorno a provvedimenti utili alla salvaguardia della specie, ha aggravato la situazione facendo emergere ataviche tendenze all'irrazionale.
Continua a leggere la newsletter 245
Leggi le altre newsletter
Per abbonarti (euro 20, minimo 4 numeri) richiedi l'ultimo numero uscito, te lo invieremo gratuitamente con allegato un bollettino di Conto Corrente Postale prestampato.
Scrivi a :
Iscriviti alla newsletter quindicinale di n+1.
Invia una mail a